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Il mio Tirocinio presso la Fondazione Daniela Milano Onlus

L’esperienza di Silvia Maffei

LA MIA ESPERIENZA DI TIROCINIO

L’esperienza di tirocinio presso la Fondazione Daniela Milano è stata per me una preziosa occasione formativa, che mi ha permesso di osservare attivamente il lavoro di accoglienza e presa in carico dell’intera famiglia o del singolo che volge la sua richiesta. La scelta di utilizzare un approccio che si avvale di lenti complesse: sia per quanto riguarda la scelta di leggere con sguardo integrato i racconti e i vissuti di ogni componente della famiglia; sia avvalendosi della collaborazione delle diverse figure d’equipe, rende giustizia alla complessità e unicità di ogni persona. Tale approccio mi ha permesso di comprendere quanto sia delicato e importante il lavoro di un terapeuta e quanto, seppur necessarie, le categorie diagnostiche vadano restituite con cautela e rese sempre soggette a una revisione. Conducendo uno studio incrociato sulle cartelle cliniche, che narrano le tante realtà familiari sostenute dalla Fondazione, la mia attenzione è stata catturata da alcuni fattori che possono reciprocamente influenzarsi e tradursi in difficoltà familiari e/o del bambino, come, ad esempio, le conseguenze di una sintomatologia depressiva del sistema familiare.

Diverse evidenze scientifiche ritengono che il feto, sin dai primi momenti di vita, sia in grado di costruire forme semplici di rappresentazione dell’altro (oggetto), dandogli una connotazione affettiva di piacere e/o dispiacere. Il neonato instaura sin dalla vita intrauterina, un rapporto privilegiato con la madre, influenzato sia dalle caratteristiche innate del bambino, che dalle fantasie ed emozioni della mamma. Con la nascita, sia la madre che il bambino si impegnano nel cercare una nuova modalità di (ri)conoscersi; la madre, attraverso la ridefinizione del bambino immaginato con quello reale, permette al neonato di riconoscersi attraverso i suoi occhi, funzione importante nella futura costruzione di una equilibrata idea di sé. Vissuti di dolore e di depressione materna, in cui l’angoscia non permette di immaginare il proprio figlio, accompagnata ad una vulnerabilità innata del bambino, possono tradursi in un fallimento di tale relazione. La sofferenza mentale che ne deriva può esprimersi anche in diverse forme sintomatologiche che variano: dalle difficoltà di comunicazione e di interazione sociale, alla presenza di comportamenti stereotipati e rituali ed un interesse ristretto nelle attività di gioco. Tali manifestazioni, però, possono essere anche espressioni di un disagio generale e non di un disturbo del neuro-sviluppo. Da un punto di vista clinico, dunque, è importante saper riconoscere la linea di demarcazione tra le diverse condizioni attraverso un’attenta diagnosi differenziale: la Fondazione Daniela Milano, grazie alla sua rete, si è occupata in tali casi, sia di effettuare una valutazione specifica, sia di intervenire precocemente implementando un piano terapeutico per l’intera famiglia.  Attraverso la terapia individuale (terapia gioco e sand therapy) si crea uno spazio privilegiato in cui il bambino può sperimentare, modulare e comprendere le proprie espressioni emotive, sviluppare abilità sociali e cognitive. Simultaneamente, in particolare per i bambini in età prescolare, lo spazio dedicato ai genitori e all’intera famiglia, (terapia della coppia genitoriale, terapia di interazione di gioco genitore-bambino e terapia familiare) oltre ad essere uno spazio di contenimento ed ascolto empatico delle sofferenze, permette una maggior consapevolezza e trasformazione delle dinamiche familiari disfunzionali e l’implementazione di strategie comunicative volte a comprendere il proprio figlio. Tali considerazioni  non hanno la pretesa di affermare una condizione inopinabile di causa effetto, ma nascono dall’aver preso consapevolezza che un lavoro serio e approfondito, avvalendosi di una rete che non si esaurisce negli spazi della Fondazione  ma si amplia alla scuola e ad altre realtà cliniche, permette: non solo di intervenire precocemente e migliorare la qualità della vita di famiglie che fanno una richiesta d’aiuto, ma di valutare caso per caso ogni bambino e la sua famiglia nella loro totalità e unicità.