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Il mio Tirocinio presso la Fondazione Daniela Milano Onlus

L’esperienza di Pamela Mileto

L’importanza della terapia familiare nella cornice di un film:

la figura del terapeuta e Mary Poppins a confronto

L’esperienza di tirocinio presso la Fondazione Daniela Milano è stata ed è, tuttora, per me una risorsa importante per approfondire il mio percorso di psicologa e psicoterapeuta in un’ottica “integrata” che non contempli solo il singolo “paziente designato”, ma l’intera rete di relazioni familiari. Questo tipo di orientamento si è rivelato utile nel comprendere come il comportamento di un individuo non possa essere valutato esclusivamente sulla base del suo “essere”, ma vada inserito all’interno di una rete ambientale in cui egli vive e di cui fa parte: la famiglia è il primo vero teatro della storia di ciascuno, il luogo in cui si imparano le “regole fondamentali” del gioco, come l’attaccamento, l’amare, l’ascoltare ed il relazionarsi, in modo più o meno funzionale, con gli altri. La lettura delle cartelle cliniche, l’osservazione di ciò che nel setting terapeutico viene portato da tutti i partecipanti, le riunioni di equipe con i professionisti, i confronti di opinioni talvolta diversi, ma tutti altrettanto utili a dare una visione integrata sotto ogni punto di vista, mi hanno permesso una rivisitazione del nostro lavoro in termini maggiormente sistemico-relazionali. Sono molteplici le situazioni che ci ritroviamo davanti nella quotidianità: all’estremità ci sono famiglie invischianti, con confini confusi e diffusi, che non permettono una differenziazione dei sottosistemi e ci sono famiglie disimpegnate, in cui mancano senso di appartenenza e interdipendenza, ma nella maggior parte dei casi, ci troviamo di fronte a famiglie che sembrano avere un mix di queste funzionalità. Osservare ciò che i bambini e gli adolescenti portano in stanza rispetto al loro vissuto emotivo è come partire “dalle basi strutturali” della famiglia per poter accedere poi ai “piani superiori” e intervenire in modo funzionale sull’intero sistema. E, con gli occhi di una bambina travestita da adulta, con un bagaglio di informazioni didattiche e di vita in più, mi sono ritrovata a pensare ad un film che sembra riprodurre perfettamente quello che si struttura ed avviene all’interno del lavoro della Fondazione: Mary Poppins è sempre stata per me, sin da piccola, pur non comprendendone bene un senso strettamente psicologico e trasformativo, una pellicola “colorata”, educativa, magica o quantomeno di “speranza”, nel rappresentare una famiglia che, alla fine, riesce a trovare un modo per capirsi e riunirsi. Le terapeute del Centro è un po’ come se svolgessero il suo lavoro: si presentano alla “porta” emotiva delle famiglie come coloro che hanno la volontà di accompagnare in un percorso diverso dando voce ai vissuti di ognuno per comprendere cosa e dove è giusto intervenire. Inizialmente il lavoro sembra orientato spesso per stare con i più “piccoli”, ma in realtà si organizza pian piano in modo da agire su tutto il sistema familiare, sulla sua struttura e sui sintomi permettendo ad ognuno di sentirsi visto e di risignificare il proprio ruolo. Si inizia proprio dai bambini per ristabilire e riportare nella giusta posizione quelle dinamiche disfunzionali o, a volte, di “accudimento invertito”, descritte anche da Bowlby, in cui i bambini sembrano spesso responsabilizzarsi, genitorializzarsi e assumersi i bisogni altrui; attraverso un dialogo costruttivo di tutti i componenti familiari con un adulto professionista si cerca, invece, di sintonizzarsi sulle difficoltà di ognuno, di accoglierle e di aiutare a trovare le risorse necessarie a rielaborare in maniera più costruttiva l’esperienza e le dinamiche quotidiane. Sono proprio i genitori, ad un certo punto, ad intraprendere un percorso terapeutico che li vede protagonisti in primo piano. E’ fondamentale, per questo lavoro, avere la fortuna di essere spettatrice dell’importanza e degli esiti positivi di questo lavoro integrato, utile a far sì che le famiglie, una volta imparati, ristabiliti, compresi i ruoli e i confini, possano trovare una strada più funzionale e consapevole per tutti e che la terapeuta, come Mary Poppins, dopo un cammino insieme, possa lasciarli con la consapevolezza di quanto sia stato importante motivare le famiglie a “riprendere il filo” consolidando i punti di forza, sostenendo quelli più deboli, e di quanto anche loro, sebbene inconsapevoli, siano riusciti a donarle in termini di arricchimento emotivo.