Quando a governare sono i più piccoli
Dott.ssa Raffaella Palmiero
Riflessioni su come intervenire in caso di bambini incontentabili
Uno dei principali compiti dell’educazione emotiva sta nel facilitare l’apprendimento dei bambini della capacità di “assunzione della prospettiva altrui“, cioè la capacità di porsi empaticamente nei panni dell’altro. L’arduo compito, come sempre, spetta innanzitutto alla famiglia, primo luogo di apprendimento delle interazioni interpersonali.
Negli ultimi tempi stiamo assistendo a un sempre maggior numero di genitori che, detestando vedere i propri figli faticare e lottare, credendo di “salvarli” da un’esperienza negativa, risolvono i problemi al loro posto e li assecondano in qualsiasi richiesta.
Il risultato di tale atteggiamento benevolo conduce essenzialmente a due ordini di problemi, da un lato i bambini vengono deprivati della fondamentale opportunità di ragionare con la propria testa e dall’altro diverranno adulti incapaci di sostenere la benché minima frustrazione.
La vita è ricca di esperienze, alcune piacevoli, altre no, ed è proprio attraverso un sano riconoscimento dei limiti del vivere umano che il bambino potrà apprendere che non tutto è possibile e che si può sopravvivere anche a fronte di una sconfitta.
Quando i genitori promuovono un continuo soddisfacimento dei desideri del bambino, il rischio, attraverso il regolare ripetersi dell’esperienza, è che egli sviluppi una vera e propria dipendenza da tale “godimento”. Bambini in difficoltà davanti alle frustrazioni tendono a turbare più o meno fortemente l’armonia familiare, creando continui conflitti e grande stress nei genitori.
Crescendo le conseguenze di tali atteggiamenti possono divenire notevoli e sfociare in disturbi che inficiano un sano sviluppo sia sul piano emotivo che sociale, creando frequentemente problemi in tutti i tipi di comunità infantili (scuole, gruppi di coetanei…).
Molte ricerche dimostrano che i bambini che non sperimentano il senso del limite, rischiano di sviluppare chiari comportamenti devianti.
È facilmente comprensibile come la causa principale stia proprio nell’incapacità di porre confini, delimitare il possibile dall’impossibile, sostenere nella comprensione che oltre ai propri desideri esistano anche quelli degli altri. Confini che si traducono semplicemente nella capacità di dire “no!”.